Ma cosa intendiamo quando parliamo di vista? La vista oggettiva non esiste, semmai esistono gli occhi, anzi tanti occhi, tutti diversi fra loro. Ci siamo rese conto che, come il resto del nostro corpo, anche i nostri occhi possono essere imperfetti, difettosi, manchevoli.
T.: prima di questo lavoro che abbiamo fatto insieme avevo fatto un elenco dei vari sensi per vedere quali erano preponderanti nella sessualità e per me era preponderante il tatto. Tra le ultime file c’erano l’olfatto e la vista. Tra l’altro, sono i due sensi in cui io ho dei problemi, sono miope e allergica.
S.: sei disabile. Dico disabile perché è interessante potenziare le mie parti “malate” o “problematiche”.
E.: io che sono tanto miope mi accorgo di non vedere bene neanche da vicino. Il mio occhio non è più abituato a stare senza occhiali.
Non ci stavamo accorgendo di quanto noi stesse facessimo uso di strumenti per sanare questa disabilità della nostra vista: occhiali e lenti a contatto, ma anche telecamere e macchine fotografiche. Come da definizione, vere e proprie protesi: “sostituzioni di organi del corpo umano, mancanti o difettosi, per mezzo di apparecchi o dispositivi artificiali”. Eppure, se gli occhiali sono protesi nella misura in cui “curano un deficit”, la telecamera potenzia i nostri occhi: dietro l'obbiettivo della macchina da presa, ingrandiamo, rimpiccioliamo, modifichiamo, dando un nuovo senso a ciò che vediamo. Abbiamo così cominciato a tradurre in immagine quello che ci stava intorno e si trattava proprio dei nostri corpi, delle nostre pratiche e delle nostre visioni. La riproduzione non solo permetteva la condivisione di ciò che prima era privato, ma ci restituiva in modo immediato e incontestabile un'immagine molto spesso destabilizzante di noi stesse.
Mi guardo allo specchio. Cerco qualcosa di diverso, qualcosa di spaventoso. Sento che qualcosa è cambiato;
il mio corpo potrebbe essere mostruoso, anormale, anomalo. Mi avvicino allo specchio, voglio che qualcuno
mi filmi e mi fotografi. Sono sicura che qualcosa sia cambiato; qualcosa dev'essere cambiato.
Viviamo rapporti che si smarcano dall'eteronormatività e che ci obbligano in qualche modo a fare i conti con l'anormale, il pervertito, il mostruoso. Il nostro sguardo cercava spaventato delle anomalie anatomiche, come se la vista avesse il potere di determinare la verità sul sesso. Ma perché ci identificavamo in un mostro, per definizione un essere inquietante in quanto deforme? Quali erano queste deformità che credevamo di intravedere? Alla fine, nel sesso, ad accompagnare i nostri corpi ci sono oggetti, sextoys, giochi, colori accesi, silicone.
Il dildo nello strap-on si è girato, lo spingo con delicatezza per rimetterlo nella posizione giusta.
Mi siedo a gambe aperte; lo strap-on è freddo a contatto con le mie cosce nude.
Così abbiamo iniziato a chiederci quale confine sottile divide il nostro corpo anatomico dagli oggetti che utilizziamo, dal momento che ormai sono diventati parte integrante della nostra esperienza concreta. Come possiamo disegnare ora la mappatura del nostro sesso?
E.: io non direi mai che il dildo è parte del mio sesso, ma attraverso l'esperienza del dildo la mia mappatura è cambiata. Ho messo in discussione delle cose.
S.: sarebbe interessante farla questa mappatura perché non è chiara, non è concreta.
Il dildo, un'altra delle nostre protesi, si stacca, si allaccia, si sposta, si lava, si infila, è il prolungamento del nostro corpo, un luogo del nostro piacere. Ma com'è possibile sentire attraverso un oggetto?
M.: Qual è la differenza tra sentire l’organo interno e sentire il dildo? L’organo interno razionalmente so che non lo potrò mai sentire: c’è sempre un’immagine, la mediazione di qualcosa. Il dildo è la stessa cosa: mi proietto l’immagine. Che non è l’immagine del pene, ma del piacere che sta anche lì.
S.: La percezione del dildo è uguale a quella degli organi interni nella misura in cui io attribuisco dei sensi a una cosa che non ne ha.
Ancora una volta, i confini del nostro corpo perdono la loro nitidezza. Gli oggetti ci costringono a reimmaginare il nostro piacere e il nostro sesso.
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