Noi siamo Benazir. Benazir è un collettivo femminista nato all’Università di Verona nel 2006.
Siamo tante qui, perché tutte abbiamo voluto metterci la faccia.
Il nostro gesto di lotta oggi contro l’omofobia è scegliere di non avere una sola portavoce.
Siamo un collettivo che crede nel femminismo come pratica politica inscindibilmente
antitransomofobica e antirazzista.
Essere presenti qui in quanto femministe marca la nostra necessità di scrivere una storia del femminismo in questa città che sia esplicitamente, dichiaratamente antiomofobo e a favore dei diritti delle cosiddette minoranze sessuali.
La nostra pratica è l’autocoscienza.
Fare autocoscienza implica obbligatoriamente rivolgere uno sguardo all’interno del collettivo, porre attenzione non solo ai discorsi, ma anche alle pratiche e alle dinamiche relazionali. Significa diventare consapevoli che l’omofobia non è solo fuori dal collettivo.
La dimensione del collettivo diviene uno spazio in cui i conflitti interiori e sociali si riproducono, ma con la possibilità di essere vissuti, analizzati insieme, a volte risolti.
Le relazioni omosessuali, che siano di coppia o che cerchino un’alternativa alla coppia, hanno un portato dirompente in questa città e nei gruppi femministi di questa città. Mostrano l’estrema complessità delle relazioni tra donne, la violenza di un ordine sociale che non concede spazio alla loro visibilità.
Quando hanno iniziato ad avere vita le prime relazioni omosessuali tra di noi, il collettivo ha vissuto dei momenti di forte confusione e tensione.
Ammettere tutto questo significa prendere atto di un certo grado di difficoltà. Non siamo cieche di fronte a questo subbuglio. Vogliamo una politica che non censuri questi momenti.
Abbiamo approfittato di questa confusione per interrogarci sulla natura di questi conflitti. Ci siamo rese conto che non si potevano ridurre alla contrapposizione tra vissuti lesbici e vissuti eterosessuali.
Questa confusione è stata anche un’apertura. Un’apertura rispetto a identità cristallizzate, ideologiche e chiuse. Questo non vuole dire che ignoriamo l’importanza del nominarsi. Abbiamo cercato delle possibilità di definire noi e le nostre relazioni: lesbiche, femministe, queer?
Cerchiamo di far esplodere il già detto dentro di noi.
Ci ritroviamo però nelle nostre vite di fronte alla costante minaccia dell’invisibilità.
Spinte anche da queste sensazioni nasce il nostro lavoro sulle rappresentazioni e
sull’autorappresentazione, reinterrogando gli immaginari corporei e sessuali.
In un certo senso, siamo diventate un collettivo di porno star. Lavoriamo sulle nostre fantasie con protesi clitoridee, occhi trasparenti e videocamere. Ci piace il vegetale e il silicone, possibilmente con colori accesi.
Non vogliamo che pratiche sessuali originariamente dissidenti diventino una nuova normatività.
Facciamo autocoscienza: stiamo sul filo del rasoio.
Intervento convegno Contro natura?
This entry was posted on 11.18.2013 and is filed under documento,news. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response.
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