Violenza sulle donne
Capire di che stiamo parlando.
I numeri.
6.743.000 donne fra 14 e 59 anni sono state vittime di violenza fisica e sessuale nel corso della vita.
Circa 5.000.000 donne hanno subito violenze sessuali.
Circa 3.961.000 donne hanno subito violenze fisiche.
Circa 1.000.000 donne hanno subito stupri o tentati stupri.
Il 14,3% delle donne con un rapporto di coppia attuale o precedente ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner.
Il 17,3% delle donne con un expartner ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner.
Il 24,7% delle donne ha subito violenze da un altro uomo.
Il 96% delle violenze subite da un non partner non vengono denunciate.
Il 93% delle violenze subite da un partner non vengono denunciate.
Il 91,6% di stupri non è denunciato.
Il 63,9% delle donne che subiscono violenza nel corso della vita sono donne separate e divorziate.
Il 3,5% di stupri e tentati stupri sono commessi da estranei.
Il 23,8% di stupri e tentati stupri sono commessi da amici.
Il 12,3% di stupri e tentati stupri sono commessi da conoscenti.
Il 17,4% di stupri e tentati stupri sono commessi da fidanzati o ex fidanzati.
Il 20,2% di stupri e tentati stupri sono commessi da mariti o ex-mariti.
Il 21% delle violenze sessuali avviene per strada.
Il 14% delle violenze sessuali avviene in auto.
Il 65% delle violenze sessuali avviene a casa propria o di amici o parenti.
I valori più elevati si hanno per le donne residenti nel Nord-est, nel Nord-Ovest e nel Centro, e per quelle nei centri metropolitani.
Fonte: dati ISTAT 2006
Le tipologie
La violenza familiare si presenta nella forma della violenza composita e trasversale, si associano varie tipologie di violenza: fisica, psicologica, economica, sessuale.
Violenza fisica: picchiare con o senza l’uso di oggetti. Spintonare, tirare per i capelli, dare schiaffi, pugni, calci, strangolare, ustionare, ferire con un coltello, torturare, uccidere.
Violenza psicologica: minacciare, insultare, umiliare, attaccare l’identità e l’autostima, isolare, impedire di controllare le reazioni della donna con gli altri, sbattere fuori casa, rinchiudere in casa.
Violenza economica: sottrarre alla donna il suo stipendio, impedirle qualsiasi decisione in merito alla gestione dell’economia familiare, obbligarla a lasciare il lavoro o a impedirle di trovarsene uno, costringerla a firmare documenti, a contrarre debiti, a intraprendere iniziative economiche, a volte truffe, contro la sua volontà.
Violenza sessuale: fare battute e prese in giro a sfondo sessuale, fare telefonate oscene, costringere ad atti o rapporti sessuali non voluti, obbligare a prendere parte alla costruzione o visione di materiale pornografico, stuprare, rendersi responsabili di incesto, costringere a comportamenti sessuali umilianti o dolorosi, imporre gravidanze, costringere a prostituirsi.
Le dinamiche
La violenza familiare può insorgere in qualsiasi momento della relazione: a volte si presenta subito, a volte si verifica in concomitanza della nascita di un figlio; a volte subentra dopo tanti anni di matrimonio; anche la frequenza e la gravità degli episodi di violenza sono estremamente variabili.
La violenza familiare consiste in una serie di strategie agite dal partner al fine di poter esercitare il proprio controllo sulla compagna, spesso anche sui figli.
Il partner violento agisce in modo tale da creare un clima di tensione e d’isolamento che si realizza attraverso minacce, divieti, colpevolizzazione e denigrazione della donna; è in questo clima che s’inscrive l’episodio di violenza. Solitamente la frequenza e la gravità degli episodi tendono ad aumentare col tempo, sino a quando le donne, dopo vari tentativi di ricomposizione e recupero della relazione (tentativi che vedono la messa in campo di varie strategie di sopravvivenza, quali la minimizzazione degli episodi di violenza e l'autocolpevolizzazione), non decidono di sottrarre se stesse e i propri figli a tale situazione di sopraffazione.
Alcuni stereotipi da abbattere
"La violenza domestica è presente in contesti familiari culturalmente ed economicamente poveri."
La violenza domestica è un fenomeno trasversale: non è riconducibile a particolari fattori sociali, né economici, né razziali, né religiosi.
"La violenza domestica è causata da occasionali e sporadiche perdite di controllo."
La violenza domestica risponde alla volontà di esercitare potere e controllo sulle donne; per questa ragione l'episodio violento non è quasi mai leggibile come un atto irrazionale, ma è quasi sempre un atto premeditato.
Gli stessi aggressori affermano che picchiare è una strategia finalizzata a modificare i comportamenti delle proprie compagne.
"La violenza domestica è causata dall'assunzione di alcool e/o droghe."
Esistono alcoolisti e tossicodipendenti non violenti, così come esistono uomini violenti, tossicodipendenti e alcolisti, che agiscono condotte violente in assenza di assunzione di alcool e/o droghe; la grande maggioranza degli uomini violenti non è né alcolista né tossicodipendente.
"La violenza domestica non incide sulla salute delle donne.”
La Banca Mondiale riconosce la violenza domestica come un problema di salute pubblica, in quanto incide gravemente sul benessere psico-fisico delle donne.
"I partner violenti sono portatori di psicopatologie."
Solo il 10% dei maltrattatori presenta problemi psichiatrici. L’attribuzione della violenza a soggetti psicotici è solo un " escamotage" per tenere separato l'ambito della violenza da quello della normalità, è una forma di esorcizzazione.
"I partner violenti hanno subito violenza da bambini."
Non esiste necessariamente un rapporto di causa-effetto tra violenza subita nell'infanzia e violenza agita da adulti.
"Alle donne che subiscono violenza piace essere picchiate."
Le donne scelgono la relazione, non la violenza.
Tanti sono i fattori e i vincoli che trattengono le donne e impediscono loro di prendere in tempi brevi la decisione di interrompere una relazione violenta: la paura di perdere i figli, le difficoltà economiche, l’isolamento, la disapprovazione da parte della famiglia, la riprovazione e la stigmatizzazione da parte della società.
A Roma
La violenza maschile sulle donne, una delle più grandi vergogne dei nostri tempi, attraversa ogni ambito di vita della donna (casa, lavoro, famiglia, vita pubblica, quotidianità) e ogni estrazione sociale, ogni spazio e ogni tempo. La più visibile, sconcertante e orrenda evidenza della mancanza di rispetto e di considerazione degli uomini nei confronti delle donne, della reputazione della donna al pari di merce.
Il 23 febbraio a Roma, in 40 donne, s’è cercato di andare più a fondo, di capire, di confrontare pensieri e pratiche.
Da dove nasce questa violenza? Cosa le permette di vivere e alimentarsi giorno dopo giorno? Cosa fa sì che spopoli nelle famiglie-bene, compiuta da parte di uomini istruiti e realizzati, soprattutto nell’avanzato e civilissimo Nord?
Partecipano al dibattito donne giovani e più anziane, donne che lavorano da anni in centri antiviolenza e giovani facenti parti di collettivi relativamente recenti, femministe lesbiche e femministe eterosessuali, donne che vengono da sud, da nord, dal centro, donne che scelgono il separatismo a priori e donne che credono che la nuova prospettiva del femminismo sia l’apertura verso gli uomini che mostri non sono. Di tutto un po’ insomma: il mondo femminista è splendido perché è vario.
_Origini – Cause_
Quale può essere la prima risposta se non la cultura patriarcale che predomina, che relega la donna in una posizione subalterna. È questa cultura che pretende, che giustifica, che mistifica e banalizza la violenza alterandone la pesantezza delle conseguenze sui corpi, le menti e le vite delle donne violate.
È questa cultura che fa sì che i maschi vogliano in ogni momento il controllo. E se non lo hanno se lo prendono. Con la forza ovviamente.
Notiamo una scissione della donna in corpo e psiche. Il corpo viene percepito come luogo pubblico, mentre alla donna vuole essere negata la sfera pubblica nella vita della comunità.
La sfera pubblica è dei maschi, la privata è dedicata alle donne. Ed è questa separazione che alimenta e permette che la violenza maschile si scateni quando la donna esce dal “ruolo” e posizione che le hanno affibbiato, non rispondendo alle aspettative della cultura patriarcale.
_Vecchie e nuove conquiste_
In questo, il movimento femminista d’oggi raccoglie le conquiste di quello di ieri: finalmente si spezza la sfera privata della donna.
Il privato irrompe nel pubblico. Il movimento femminista, sancendo il motto il personale è politico, dà il via al lungo e tortuoso cammino (cifre e statistiche lo dimostrano, ad esempio quelle della percentuale di donne che denunciano le denuncie subite) verso la cessazione dell’omertà, della vergogna di denunciare, del perdono.
E lo fa anche e soprattutto attraverso l’autocoscienza, attraverso la condivisione tra donne.
_Pericoli_
Uno dei pericoli in agguato è senza dubbio la normalizzazione della violenza, complici i mass media. Bando a reazioni quali: ”La violenza maschile sulle donne sempre c’è stata e sempre ci sarà” o “che vuoi che sia, non è poi così grave…”. Altro campanello d’allarme che è necessario contrastare è la campagna familista portata avanti dal vaticano, la quale identifica e obbliga la donna a poter assumere uno di questi tre ruoli all’interno della famiglia: moglie, madre o prostituta. Quando la donna si rifiuta di prender parte a questo gioco che ha già stabilito il posto che le spetta, non rispetta le regole, e quindi va controllata ed intimidita.
E non dimentichiamo la funzione procreatrice che sta alla base della famiglia. La donna vale e viene tutelata in quanto possibile nonché probabile procreatrice, altrimenti la lotta per i diritti in quanto donna si fa particolarmente dura.
_La lucha_
Varie le pratiche messe a confronto dal gruppo eterogeneo. I punti su cui tutte si trovano in accordo sono:
- Importanza delle relazioni tra donne. Curare le relazioni tra donne ed eliminare la competitività: uccide la relazione. Necessità di unione e rete tra militanti.
- Rafforzamento della soggettività femminile attraverso le varie pratiche che appartengono ad ogni diverso gruppo: autocoscienza, corsi di difesa personale, …
- Non considerare le donne come debole vittima. Ha una forza che deve saper tirar fuori.
- Importanza di nominare correttamente la realtà. Per esempio: dire sempre violenza maschile, per evitare distorsioni e manipolazioni di quella che è la realtà.
- Importante un reddito e un apparato legislativo per le donne che possa sostenerle ed aiutarle dopo la denuncia di una violenza (qualcuna propone lavoro domestico stipendiato, altre dicono che così facendo c’è il pericolo di legittimare il confino della donna tra le mura domestiche, paradigma da cui si sta uscendo dopo anni di lotte e fatica)
- Rendere visibili tutti gli spazi di violenza, denunciarli tutti. Questo con la presenza concreta in occasione di processi per stupri o violenze sulla donna, anniversari di date importanti in questo senso.
Silvia
Relazione sul tavolo 1: Violenza
This entry was posted on 3.17.2008 and is filed under documento. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response.
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