Only Me




(OnlyMe, 2.47 min., video, 2013)


[...] un pomeriggio ho partecipato a un progetto dove un ragazzo presentava la propria tesi sul cinema pornografico. Durante la presentazione e il conseguente dibattito, ciò che mi è rimasta in mente è stata la definizione di pornografico: qualcosa è pornografico quando vengono ripresi da vicino i genitali in movimento e l’atto sessuale termina con l’eiaculazione maschile, visibile.

Visibile. Quindi secondo questa spiegazione solo il momento esplicito della fuoriuscita di sperma dal pene, rende l’atto sessuale pornografico (rigorosamente eterosessuale). Allora ho cominciato a pensare, a ricordare e soprattutto a guardare. In televisione, in qualsiasi fascia oraria, oppure in internet, scaricando o vedendo in streaming le nostre serie o film preferiti possiamo riconoscere scene di sesso: [...] in una scena eterosessuale, qualsiasi connotazione essa prenda (romantica, selvaggia, una sveltina o un atto d’amore) l’uomo eiacula liberamente dentro la donna, rigorosamente senza preservativo. Non si sa mai se la donna si protegga con altri anticoncezionali,  l’orgasmo femminile è assente (a parte qualche raro caso) e l’atto sessuale termina con l’eiaculazione maschile che non si vede ma c’è eccome! E, oserei dire, sempre. In ogni caso secondo la definizione che fornivo prima, queste non dovrebbero essere considerate scene pornografiche, perché l’eiaculazione maschile, pur essendoci, non si vede. [...]

Perché queste scene in particolare mi davano fastidio, qual’era il nesso con la mia esperienza personale, con me e con il mio corpo? Queste sono alcune risposte che mi sono data: queste scene trasmettono un messaggio maschilista che consente ancora una volta ai giovani uomini del 2013 di rispecchiarsi nel mito del fallo potente e duro che sempre soddisfa la donna, ma ciò che più mi ha spaventato è che attraverso queste immagini le donne si sentano ancora talmente identificate nell’unione pene-vagina da mettere a repentaglio la propria sicurezza e la propria scelta di essere o non essere madre.
Scegliere di abortire: [...] Nessuna donna è tenuta a trovarsi di fronte a questa alternativa. Perché non ci domandiamo mai quali siano le conseguenze mentali e corporali di una donna che ha dovuto abortire, ripeto dovuto, non voluto. Perché diamo per scontato che sia stato doloroso scegliere di non avere un figlio e non la scelta stessa. [...]
Un altro punto di vista, uno dei lati oscuri della maternità. 



This entry was posted on 9.11.2013 and is filed under . You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response.