Né una né due: baciandoci da lontano
Ripensando Luce Irigaray


Non piangere un giorno riusciremo a dirci. E quello che diremo sarà più bello delle nostre lagrime. Fluidissime.
Luce Irigaray, questo sesso che non è un sesso

La donna non è de-finibile, è in-significante per se stessa: sei donna se non hai il pene.

Ha vissuto nella paura di doversi aprire a comando. Come una scatola. Adesso impara con fatica ad aprirsi come e quando piace a lei. Come ogni uomo che vorrà toccarla non comprenderà. Come ogni donna comprende in un solo istante. Impara con fatica a cucire o scucire le sue labbra come e quando vuole: sono sue, tutte e quattro.

Non ho bisogno di essere riempita o completata, non sono fatta per essere colmata. Cerco la mia felicità tattile.

Noi così diversi eppure così vicini, quando ci incontriamo intrecciamo fili di parole, amico mio.

Non nasconderti amore. Vorrei prenderti per mano e farti sentire come si muore e si rinasce in un secondo. E dimmi ti prego che dalla tua paura si può ricominciare.

Così quello che loro desiderano è precisamente niente, e nello stesso tempo è tutto

Venute alla luce donne, divenute madri e figlie oscurate dall’ombra del legame, nella relazione tra la luce e ombra ritrovarsi donne.

Bisogna proprio che impariamo a parlarci per riuscire a baciarci da lontano.
Luce Irigaray, questo sesso che non è un sesso.

This entry was posted on 3.29.2008 and is filed under . You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response.